Nicola e Emilio Del Giudice a proposito del corpo delle emozioni secondo bioenergetica e omeopatia
Bioenergetica e omeopatia recuperano il mondo affettivo – l’anima – all’interno della scienza
Ogni lacrima è unica
L’anno scorso, su un quotidiano nazionale, è comparso un articolo che parla delle lacrime. L’articolo era a proposito delle immagini di lacrime cristallizzate, realizzate dal fotografo e biologo olandese Maurice Mikkers. Vista al microscopio ogni lacrima è unica. L’unicità che definisce la forma di una lacrima e la differenzia dalle altre dipenderebbe anche dai nostri stati d’animo. Dalle emozioni.
La rimozione dei blocchi energetici
L’articolo sulle lacrime al microscopio mi ha ricordato Omeopatia e bioenergetica. È un libro del 1999, pubblicato da Cortina International e scritto dai fratelli Del Giudice. Nicola Del Giudice è un medico omeopata ed è membro dell’Associazione Fondazione Omeopatica Italiana. Emilio Del Giudice è stato ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Negli ultimi anni Emilio Del Giudice ha collaborato con il premio Nobel Luc Montagnier agli studi sulla memoria dell’acqua, prima di scomparire nel 2014.
Nel saggio gli autori trovano una vicinanza tra la medicina omeopatica di Hahnemann e la bioenergetica di Reich e Lowen.
Del libro mi interessa parlare a proposito dell’identità della concezione biologica sottostante le due tecniche terapeutiche. Non mi preme approfondirne i dettagli per due motivi. Innanzitutto perché, secondo gli autori, le due terapie sono “complete in sé”, non hanno “bisogno l’una dell’altra”. Inoltre, conosco poco o nulla di omeopatia. L’identità della strategia terapeutica delle due tecniche starebbe nella “rimozione dei blocchi energetici”.
Le emozioni come risposte creative dell’esistere
Bioenergetica ed omeopatia considerano l’evoluzione dell’essere vivente come una strutturazione nel corpo di ‘blocchi energetici’. Come ho avuto modo di scrivere in altri articoli del blog, per la bioenergetica di Reich e Lowen l’origine dei blocchi è emotiva.
I blocchi sono emozioni negate. Emozioni legate a quei comportamenti che nelle situazioni di crescita sono stati considerati inadeguati dall’ambiente. E l’ambiente di crescita è definito dalle figure di riferimento che ‘educano’ l’individuo.
Dai comportamenti ‘negati’ derivano blocchi che sono sì ‘emotivi’, ma anche somatici, muscolari. L’incapacità o la difficoltà ad esprimere adeguatamente un’emozione è cioè qualcosa che abbiamo in qualche modo ‘scritto nel corpo’. Le tensioni muscolari diventano una sorta di schema predefinito di comportamenti e atteggiamenti: la corazza caratteriale.
Gli autori riscontrano analogia anche tra la teoria dei tratti caratteriali della bioenergetica e quella dei miasmi dell’omeopatia. Secondo questa analogia alla fase orale della psicanalisi e della bioenergetica corrisponderebbe tra i miasmi ‘psora’. Alla fase anale della psicanalisi coinciderebbe ‘luenismo’ dell’omeopatia. Alla fase genitale della psicanalisi e al tratto rigido della bioenergetica equivarrebbe ‘sicosi’ dell’omeopatia.
Le emozioni e i blocchi emotivi, fisici, energetici che ne conseguono non sono una disfunzione nel nostro funzionamento di uomini ‘pensati per produrre’. Sono la base delle nostre risposte creative all’esistere. Il “mondo delle emozioni ” rappresenta il fondamento delle diverse risposte “che l’uomo può dare al problema dell’esistenza”.
Il corpo delle emozioni
Secondo gli autori l’insieme delle emozioni formano il cosiddetto “corpo libidico”, cioè “la rete di comando fondamentale della materia vivente”.
Il corpo libidico sarebbe una “entità distinta dal corpo somatico”.
Reich ha riletto la teoria delle pulsioni di Freud, riferendosi alla sua prima formulazione, quella del punto di vista ‘economico’. Secondo questa concezione la pulsione sarebbe una quantità di energia che avendo raggiunto un certo livello di intensità cerca una scarica. Sulla scorta di Reich gli autori definiscono il corpo delle emozioni, il corpo libidico, come la “rete di comando immanente alla materia vivente”.
È un’affermazione di grande rilievo. Sarebbero le emozioni a ‘dare istruzioni’ alla materia di cui siamo fatti.
I tre livelli organizzativi della materia vivente
A partire dai tre livelli organizzativi della materia vivente (chimico, elettromagnetico e sonoro) gli autori arrivano a ‘postulare’ tre corrispondenti modelli di uomo. Questi tre modelli danno una spiegazione del “meccanismo biofisico delle emozioni”.
In particolare, l’uomo chimico è l’oggetto della medicina ‘ufficiale’. L’uomo elettromagnetico parla “il linguaggio delle emozioni” e l’uomo sonoro parla “il linguaggio verbale”. L’uomo sarebbe un’antenna che riceve segnali “nella forma di sensazioni, stato emotivo, ecc. e li converte nella forma astratta del linguaggio verbale”.
La conoscenza intellettuale non basta
La conclusione degli autori è che “la conoscenza intellettuale può condurre all’evoluzione ed al progresso solo se è anche conoscenza affettiva”.
Si potrebbe dire, per riallacciarsi ad un discorso già accennato in una precedente occasione, che il livello intellettuale di conoscenza rappresenta il primo livello individuato da Ken Wilber, il livello dell’Io. Un livello che potremmo definire ancora “scisso” tra sfera psichica ed emozionale.
Il processo di carica e scarica
Se il corpo delle emozioni è la rete di comando della materia vivente si chiarisce meglio anche la teoria di Wilhelm Reich. Secondo la teoria di Reich la legge fondamentale dell’organismo umano è il processo di carica e scarica della cosiddetta ‘bioenergia’, l’energia vitale.
Secondo Reich il processo di carica e scarica si traduce in un corrispondente processo di espansione-contrazione dell’essere vivente. Il processo di espansione-contrazione è controllato “da una rete di correnti di energia”, che, quando sono percepite, “coincidono con le emozioni”. Secondo la visione di Reich, condivisa dagli autori, noi esseri umani non siamo molto diversi da un protozoo.
Mentre nel protozoo l’intero organismo si espande e si contrae autoregolandosi, nell’essere umano tale funzione è diretta da sistemi specializzati: il simpatico che regola la contrazione e il vago che regola l’espansione.
Il meccanismo di carica e scarica è il “principio di piacere” di cui parla già Freud. Un meccanismo che opera nell’ambito del mondo esterno, la cui influenza altro non è che il “principio di realtà” di cui parla Freud.
L’anima triste
Come aveva già sostenuto Freud nel suo saggio sul Disagio della civiltà, l’uomo deve rinunciare al “principio di piacere” in nome delle esigenze che gli derivano dal “principio di realtà”.
A differenza del primitivo, l’individuo di quest’epoca produce una maggiore energia – e sempre più ne produrrà con il crescente sviluppo delle forze produttive – ma non può scaricarla liberamente. Deve pertanto costruire un mondo di regole e divieti (il carattere) per dirigere in modo accettabile la domanda pulsionale.
Tutto questo ha un prezzo in termini di vitalità e, di conseguenza, l’anima dell’uomo civilizzato è un’anima triste.
La libido, ritiratasi nella profondità interna dell’essere umano, assume agli occhi dell’io l’aspetto fenomenico di un’anima, di un’anima triste, separata dal corpo, che è preda inerte, abbandonato alla necessità esterna. La lotta quotidiana tra libido e la realtà esterna forma la base del dualismo – tipico della filosofia greca – tra potenza e atto, tra logos e carne, tra spirito e materia.
La ‘tristezza’ dell’anima è dovuta alla rinuncia che ha dovuto accettare all’elemento aggressivo del mondo pulsionale, del mondo del “principio di piacere”.
Recuperare il mondo emotivo
Tornare ad una visione integrale dell’essere umano è tornare alla visione della scienza del Rinascimento.
Il suo sogno era la costruzione di una visione globale della natura, che contenesse al suo interno le ragioni del movimento, fondendo il divino con il materiale.
Solo così è possibile recuperare l’unità anima-corpo. La separazione anima-corpo deriva dall’impossibilità di “soddisfare pienamente il mondo pulsionale”. Il mondo pulsionale insoddisfatto assume l’aspetto di un’anima che si è ‘ritirata’ all’interno del corpo. L’anima è la componente pulsionale: il mondo del principio di piacere. Con la concezione di un’anima separata dal corpo, consegue una concezione della medicina come intervento esterno, estraneo all’essere vivente:
Se il corpo viene separato dalla sua matrice pulsionale, ogni modificazione che avviene nel corpo postula l’intervento di una causa esterna; per cui la malattia viene considerata come qualcosa di estraneo all’essere vivente e si trasforma in un concetto astratto che viene calato improvvisamente in una realtà uomo.
La prospettiva delineata dai due autori è ambiziosa. Occorre recuperare il mondo emotivo, l’anima, all’interno della scienza. È l’anima “la molla immediata dell’azione umana.”
Musica: Queen – Innuendo